Io sono la fine del mondo, diretto da Gennaro Nunziante e protagonista Angelo Duro, è una black comedy italiana uscita il 9 gennaio 2025 e distribuita da Vision Distribution e Sky.
Angelo è un autista di NCC a Roma che, a sorpresa, viene coinvolto dalla sorella per prendersi cura dei genitori anziani a Palermo. Il loro rapporto è segnato da dolore e distacco. Spirito vendicativo, decide di “rieducare” i genitori in chiave provocatoria e provocativa. La narrazione si snoda tra atti di “vendetta familiare” oscuramente ironici e culmina in una decisione finale: portare i genitori in Svizzera per l’eutanasia assistita .
Il film utilizza l’umorismo nichilista e provocatorio di Duro per sfidare norme sociali e sensibilità contemporanee. Scene controverse – come quella del parcheggio “per sani” – polarizzano spettatori e critica, provocando dibattiti online.
Il motore narrativo è la vendetta verso genitori autoritari che hanno segnato l’infanzia di Angelo. Vendicarsi diventa un atto di rivalsa, provocando tensione tra sarcasmo e dramma . Tuttavia, molti spettatori su Reddit lo interpretano anche come “un’amara riflessione sul pregiudizio verso i sacrifici genitoriali” .
Nel film, Angelo provoca i genitori – imponendo diete, bloccando antenne, boicottando uscite – e alimenta una dinamica drammaticamente grottesca. È la rappresentazione grottesca di un conflitto che, sebbene trattato con ironia, rimane sospeso tra dramma e satira generazionale.
Il titolo stesso – “Io sono la fine del mondo” – assume una doppia valenza: è la dichiarazione di Angelo ma anche una metafora della fine del ciclo familiare, che trova la sua conclusione nell’eutanasia assistita dei genitori. La Svizzera, infatti, diventa luogo di una scelta estrema che scardina la relazione con la morte.
Pur criticato dalla stampa, il film ha incassato oltre 9 milioni di euro e dominato il botteghino italiano, spinto dall’utilizzo dei social e dal carisma divisivo di Angelo Duro.
Io sono la fine del mondo è un’opera che miscela commedia provocatoria e dramma familiare. Pur privo di una trama compiuta, ha saputo intercettare l’irritazione verso il politically correct, trasformandola in un fenomeno di cultura popolare. Il successo e le contestazioni ci offrono una riflessione collettiva sul linguaggio cinematografico, sull’irriverenza come forma comunicativa e sulle tensioni che attraversano le generazioni.
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